Nella sua parte originaria, poi ampliata, il Giardino è strutturato in 16 settori vegetazionali che illustrano la naturale successione dei principali ambienti che si incontrano nel corso di un’ipotetica passeggiata dalle cime del massiccio del Grappa, ai colli asolani e alla sottostante pianura.
Gli habitat presentati, sia naturali che antropici, spesso sono messi in relazione tra loro.
Attraverso una successione di terrazzamenti, il giardino propone in modo schematico la sequenza dei principali ambienti naturali che si incontrano scendendo dalle vette montane circostanti fino alla pianura. Gli habitat presentati, sia naturali che antropici, spesso sono messi in relazione tra loro.
In tale contesto spicca immediatamente la totale assenza di esemplari arborei: ciò è da imputarsi alla natura del substrato, inadeguato allo sviluppo delle radici considerevoli e soprattutto, non tanto alle rigide temperature invernali, ma alla combinazione di freddo e umidità, caratteristica peculiare delle cime pedemontane.
In un contesto così particolare non sono rare splendide fioriture di specie tipicamente alpine come le stelle alpine, diverse sassifraghe e specie con forme e colori particolari ed una notevole quantità di endemismi e rarità.
La loro presenza è legata agli eventi dell’ultima glaciazione in cui le vette pedemontane sono state le uniche aree colonizzate con successo dalle specie vegetali alpine. Molte di queste essenze mostrano tutte le migliori strategie di adattamento come foglie aderenti al terreno, spesso pelose, altre ispessite per creare piccoli “serbatoi” capaci di trattenere l’acqua, individui strettamente raccolti a formare strutture simili a cuscini, ideali per resistere al freddo.
In natura, nelle nostre prealpi, data la natura carsica del terreno, non esistono specchi d’acqua permanenti: l’acqua scompare in quota in un sistema idrico sotterraneo per poi riemergere in pianura. La scelta dell’uomo di portare il bestiame in vetta ha reso necessaria la presenza costante dell’acqua; per ottenere questo si sono dovute impermeabilizzare in particolare delle cavità naturali chiamati doline: combinando e pressando sassi, terra argillosa e strati di foglie al loro interno i pastori hanno creato veri e propri strati impermeabili capaci di trattenere permanentemente l’acqua.
Le pozze cosi create vengono chiamate lame o pose a seconda che ci si trovi rispettivamente alla destra o alla sinistra orografica del fiume Piave.